Probabilmente non c’è donna - e non solo - che non abbia provato almeno una volta nella vita lo smokey eye. Lo sfoggiamo nelle serate in cui vogliamo sentirci seduttrici, o semplicemente perché regala uno sguardo languido e ammaliatore, oppure per esprimere la nostra anima rock. Quello che non è cambiato è il significato e dello smokey-eye, ma la sua nascita e l’origine del nome potrebbero sorprenderti, come ci ha raccontato Antonio Ciaramella, make-up artist e storico del make-up.
Come nasce lo smokey-eye
“Per parlare dello smokey-eye è necessaria una contestualizzazione storica, così da comprendere il periodo in cui è diventato di moda”, esordisce Ciaramella. “Siamo nel XIX secolo, un’epoca in cui il trucco femminile non era visto molto bene e nobiltà e borghesia e ne guardavano bene dall’ utilizzarlo, perché veniva associato ad attrici e prostitute. Verso la fine del secolo e fino ai primissimi decenni del 1900, diventò di moda l’orientalismo e tutto - dall’abbigliamento all’arte, ma anche nella letteratura e a teatro - era dominato da questo filone arabeggiante. Cleopatra, Sheherazade e Le mille e una notte, Oscar Wilde che scrive Salomé sono solo alcuni esempi dell’importanza che il medio oriente ricopriva. Questi personaggi che venivano rappresentati a teatro non potevano non essere truccati senza il kajal”. Le attrici erano le influencer dell’epoca.
“Il kohl, o kajal, era una polvere di antimonio che si metteva sugli occhi e veniva utilizzata per diversi motivi, come proteggersi dai raggi del sole o per disinfettare la sclera dalla polvere. Vogue ne parlerà inizi del ‘900 di questa polvere pazzesca utilizzata da queste donne straordinarie, beduine del deserto”.
Lo smokey-eye, a teatro e al cinema
”A teatro come al cinema era fondamentale la caratterizzazione degli attori, in modo particolare dei personaggi maschili, dove i cattivi si distinguevano perché si scurivano le palpebre, così che da lontano il risultato fosse inquietante e inducesse timore, come un teschio. Agli inizi del 1900 nasce il cinematografo e gli attori dal teatro si spostano al cinema, portando però con sé la stessa tipologia di trucco scenico”, racconta l’esperto.
“Nel 1915 Theda Bara è protagonista di un film intitolato A fool there was, tradotto con La vampira, dove l’attrice ricopre proprio il ruolo di questa donna vampiro ammaliatrice, che ipnotizza gli uomini e li soggioga alla sua volontà. Nasce il ruolo della vamp, che presto viene legato al ruolo della femme fatale e che era caratterizzato proprio dalla palpebra scura. Grazie al successo di questi personaggi, il loro trucco diventa di moda (oggi diremmo virale, N.d.R.) e si inizia a sperimentare con il kajal”.
Come si creava lo smokey-eye
Se pensi che le beauty influencer che vedi su TikTok siano fantasiose e abbiano iniziativa è vero, ma nulla può battere gli attori che nei secoli dovevano creare da soli il proprio make-up e non avevano di certo le risorse e gli strumenti che abbiamo oggi.
“C’erano diversi modi per creare il kajal che veniva applicato per creare gli smokey-eyes, ma fondamentalmente erano delle basi grasse come vaselina, grassi vegetali o strutto animale mischiati con un pigmento nero fumo. Nulla a che vedere con la conoscenza cosmetologica che abbiamo oggi, ecco perché si aveva anche questo effetto sbavato che non era voluto, ma una conseguenza naturale delle materie prime usate per truccarsi. Il pigmento nero non veniva usato solo come ombretto, ma anche sulle ciglia, come un vero prodotto multitasking, proprio come facciamo oggi che utilizziamo il rossetto sulle labbra, ma anche come blush. Le basi grasse erano fondamentali per ogni attore, perché venivano utilizzate anche per struccarsi”.
Ma la cosa più interessante è come si ricavava il pigmento nero e, spoiler, è proprio da qui che nasce il nome dello smokey-eye. “Come dicevo, alle basi grasse veniva mischiato un pigmento nero fumo, che ogni attore ricavava da quello che aveva a disposizione. Marlene Dietrich dichiarò che mischiava la cenere delle sue sigarette alla vaselina, qualcuno mischiava incenso e resine, o il sughero bruciato. Francesca Bertini, diva del cinema italiano, all’età di 16/17 anni doveva creare da sola il suo smokey e utilizzava una candela e un piattino di ceramica che posizionava sopra la fiamma e infine raccoglieva l’addensamento di fumo che si era creato e lo applicava sugli occhi”, spiega Ciaramella.
Smokey non deriva quindi dall’effetto diffuso e fumoso della sfumatura, ma proprio dai procedimenti di bruciatura e affumicatura che vengono impiegati per ricavare il pigmento nero.
Il vero smokey-eyes
”Gli attori sono i primi make-up artist e cosmetologi della storia, perché erano loro stessi a creare il proprio make-up“, racconta lo storico. “La regolamentazione cosmetologica inizia ad esistere verso la fine degli anni ‘30 del '900. Qui ancora non si parla di sicurezza e, fatta eccezione per qualche attrice che era timorosa della parte igienico sanitaria, ma erano dei rari casi, la maggior parte degli attori erano tutti artigiani del loro look ed erano coloro che si creavano l'immagine da soli. Non c'erano come oggi consulenti truccatori cosmetologi: l’attore bravo in quell'epoca era colui che si sapeva trasformare in vari personaggi, erano tutto loro artista e attori. In alcuni casi si occupavano anche delle acconciature, anche se la figura professionale dell'immagine dell’acconciatore esisteva, il friseur, come lo chiamavano in francese, ma il truccatore non esisterà ancora per tantissimi anni al di fuori del cinema. La figura del make-up artist è un lavoro relativamente nuovo: nel cinema nasce nel 1917, ma nella moda, ancora le modelle degli anni ‘50 e ‘60 si truccavano da sole. Dobbiamo arrivare tra nella seconda metà degli anni ‘70 inizi ’80 per avere il truccatore che esce fuori dall’ambito cinematografico e televisivo”.
“Lo smokey-eye nasce come una vera e propria caratterizzazione ed è rigorosamente nero: le sfumature ci sono dagli anni ‘80, quando l’evoluzione nella ricerca cosmetica ha creato prodotti adatti. Prima di allora, al posto dell’ombretto venivano usate le matite. Sophia’s Loren indossava il grigio sugli occhi e quel trucco era fatto con le matite, che già dagli anni ‘60-‘70 riescono a dare quella gradualità cremosa, ma allo stesso tempo erano più stabili rispetto ai mix di polveri e vaseline, risultando così più semplici da controllare favorendo un risultato finale molto meno smudged. Inoltre dagli anni 2000 si parla smoke-eyes blu, marrone o grigio: in realtà la dicitura corretta è trucco monocromatico”.