Trucco

Mestiere del make-up artist: sai come è nata questa professione?

Oggi i make-up artist sono influencer, celebrities, in pratica delle superstar. Ma non è sempre stato così. Tu sai come è nato questo lavoro?

Oggi ti basta aprire TikTok per trovare make-up artist che sono arrivati al successo con migliaia o milioni di follower. Sono delle vere e proprie celebrità che hanno costruito un impero anche grazie al successo planetario derivato dal lavoro fatto sui social. Poi ci sono make-up artist che erano conosciuti e famosi anche prima, presenze fisse sui set degli shooting di riviste patinatissime o nei backstage delle sfilate più esclusive.

Prima che il successo planetario rendesse familiari anche ai non addetti ai lavori nomi come Pat McGrath, Gucci Westman, Charlotte Tilbury, Patrick Ta, la professione del make-up artist così come la conosciamo ci ha messo anni prima di essere riconosciuta.

Dove e quando nasce il make-up artist

“Il lavoro del make-up artist nasce a teatro e gli attori sono i primi truccatori della storia. Il trucco era trasformazione ed era una maschera che indossavano per entrare nel personaggio che dovevano interpretare”, esordisce Antonio Ciaramella, storico del make-up e autore di Makeup. 100 anni allo specchio e Makeup. Il codice teatrale.

“A fine ‘800 nasce il cinema e inizialmente l’attore continuava a truccarsi da solo. Il cinema utilizzava un linguaggio teatrale e la telecamera era fissa, quindi non erano necessarie abilità diverse da quelle utilizzate per realizzare il trucco teatrale. Cambiano però le cose quando la telecamera diventa mobile e iniziano ad essere realizzati i primi close-up che rivelavano tutti i difetti del trucco teatrale, evidenziando utte le problematiche del trucco e delle composizioni dei prodotti cosmetici che non erano adatti nuovo linguaggio linguaggio. Il cinema infatti era privo di illuminazioni complesse come oggi e si girava all’aperto”, racconta Ciaramella.

“Gli attori principali erano conosciuti per la loro bellezza, ma con la pellicola ortocromatica che registrava solo le onde elettromagnetiche si verificavano problemi con i colori del trucco. Tutto ciò che era blu-violetto e azzurro diventava grigio molto chiaro o bianco e tutto ciò che era rosso-arancio-giallo diventava nero. La pelle è multi cromatica, ma rimane nel range dei rossi e rosata e quindi risultava macchiata. L’attore aveva necessità di mettersi delle basi beige, ma quelle del teatro non avevano margine di mobilità e da vicino creavano delle rughe, invecchiando l’attore. In questo preciso momento nasce l’esigenza di una figura professionale che fosse in grado di rendere gli attori belli. È il 1917 e nasce il primo reparto di make-up al cinema grazie a George Westmore e Max Factor”, spiega l’esperto.

Max Factor aveva già esperienza di lavoro come parrucchiere e parallelamente creava prodotti cosmetici per gli attori. La sua intuizione geniale è quella di cambiare la formula della base, sostituendo la base cerosa con l’olio vegetale, creando una base in crema, coprente ed elastica. Nasceva il Gris Paint Supreme. Max Factor inventa anche la Color Harmony”, confermandosi predecessore della tanto famosa armocromia, “creando palette per le diverse tipologie di donna. Nasce così il make-up artist come figura professionale cinematografica per abbellire gli attori principali. Max factor è anche il primo ad utilizzare le icone di stile dei suoi film come testimonial dei suoi prodotti cosmetici, creando l’impero che oggi conosciamo”.

“In questo periodo inizia anche il discorso dell’armonizzazione dei volumi del viso attraverso il make-up. Tutto il linguaggio che noi conosciamo di contouring e luci ha origine proprio al cinema, perché le stesse ombre create allora al cinema vengono oggi riprodotte con il contouring”.

“Negli anni ‘40 i Westmore inventano il glam-look che oggi conosciamo come trucco correttivo. L’idea è che qualunque donna può essere bellissima, basta seguire determinate regole. In concomitanza si inizia a parlare delle diverse forme del viso e come vanno armonizzate grazie al potere del trucco e delle acconciature“, racconta Ciaramella.

Il make-up artist: dal cinema, ai set di moda, alla televisione

“Questo tipo di conoscenza è arrivata in Europa solo verso la fine degli anni ‘50, quando Elena Melik, la prima giornalista beauty italiana, ha incontrato la famiglia Westmore alle sfilate parigine e nell’intervista rilasciata parlavano appunto di armonizzazione delle forme del viso. Tuttavia il ruolo del make-up artist rimane relegato al cinema ancora a lungo e approderà sui set di moda solo verso la fine degli anni ‘70”.

“Il make-up in Europa esiste, ma è una materia che è appannaggio delle estetiste. Ci sono video degli anni ‘60 sui set di Mary Quant in cui compare un ragazzo che trucca la modella. Ma se fosse un make-up artist vero o solo qualcuno particolarmente dotato non è saputo con certezza. Truccatori superstar che non siano al cinema o in televisione li abbiamo negli anni ‘60. Pablo Manzoni, di nobili origini, è stato il primo make-up artist italiano ad aver cambiato l’estetica mondiale e ad aver creato il trucco espressivo e artistico, applicando sul viso delle modelle piume e perline per creare un’immagine accattivante, scioccante e moderna. Negli anni ‘80 un altro make-up artist superstar è Kevyn Aucoin, che lavora sui set di moda e con le celebrities”.

“Il vero boom dei make-up artist in Italia c’è stato con la nascita della televisione, soprattutto con le reti private che avevano moltissima richiesta di questa figura professionale. Siamo negli anni ‘80 e iniziano a nascere i primi corsi di formazione per truccatori”.

L’evoluzione del make-up artist

“La figura del MUA è in continua evoluzione, perché lavora con il sociale, che è in continuo cambiamento, esattamente come la moda, con la quale va di pari passo. Anche nella categoria c’è chi, oltre a una spiccata vena artistica, ha anche una spiccata sensibilità che gli permette non solo di cogliere, ma anche di anticipare le tendenze. Questo tipo di sensibilità permette anche di lavorare con gli uffici stile/tendenze delle case cosmetiche per creare le collezioni di make-up. Esistono moltissime mode, molto più del passato, ma alcuni durano talmente poco che è difficile definirli iconici o aspettarsi che verranno ricordati in futuro. Fanno eccezione forse solo le basi illuminanti, un segno distintivo degli ultimi 10-15 anni. La nascita di questa tendenza è dovuta alle case cosmetiche così come all’apertura della moda verso il mercato orientale, vedi Corea, Giappone e Cina, che hanno portato a una contaminazione estetica. Le loro pelli sono molto diverse, molto più grasse delle nostre, eppure sempre super idratate, e portando le sfilate a Oriente ha portato a doversi confrontare con le modelle asiatiche e la loro tipologia di pelle. Un altro fattore di successo è stata l’introduzione degli smartphone nei backstage, in cui si fotografavano queste pelli luminosissime e sovraesposte, eccessivamente luminose. In parallelo esplodeva al cinema il successo della saga di Twilight (e della diamond skin o vampire skin), con incarnati diafani e pelli che si illuminavano colpite dalla luce del sole ed è continuata con la ricerca continua di pelli luminose, umettate, bagnate, glassate”.

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