
La polvere di riso è un cosmetico ormai caduto in disuso, ma fino al XX secolo trovava numerosi impieghi nelle routine di bellezza. Prendendola molto alla lontana, potremmo definirla un’antesignana della cipria, ma non solo. In realtà la polvere di riso veniva usata sì come trucco, ma svolgeva anche altre funzioni.
Polvere di riso: dove nasce
“Le fonti ci dicono che la polvere di riso trova le sue origini in Cina e Giappone, dove si produceva allo stesso modo di come lo si faceva nelle Indie olandesi. Il processo prevedeva che le donne sgranassero il riso e lo lasciassero in ammollo in acqua fredda per due giorni. In questo lasso di tempo i chicchi si gonfiavano e fermentavano, poi venivano fatti essiccare e infine macinati con un mortaio. Si formava una pasta bianca che veniva fatta asciugare e poteva essere applicata come polvere, tamponandola, oppure inumidendola per renderla spalmabile. In Europa, l’amido di riso veniva impiegato per le sue proprietà sbiancanti, sia sulle parrucche che su viso e corpo. La pelle bianca infatti era un must per la nobiltà”, svela Antonio Ciaramella, storico del make-up. “Già nel XVI secolo Elisabetta I era ossessionata dalla pelle candida e immacolata e faceva ampiamente uso della cipria, la cui polvere era però composta da sostanze come arsenico, piombo e mercurio che erano tossiche e si sospetta siano state la causa di numerose morti all’epoca, perché le donne si avvelenavano quotidianamente applicando questo cosmetico che causava perdita di capelli e deterioramento della pelle”.

“La polvere di riso è stata impiegata a lungo, fino agli inizi del XX secolo, anche se la sua formula nel frattempo è cambiata e non veniva più utilizzata pura. Tra il primo e il secondo decennio del 1900 inizia ad assumere una leggera colorazione, diventando poi la base per quello che sarà il rouge e che oggi noi chiamiamo blush. Fino alla fine del XIX secolo la polvere di riso non conosce crisi, perché la pelle diafana, d’alabastro era sempre molto ricercata e non c’era casa cosmetica che non producesse la propria polvere magica”, svela Ciaramella. “C’era anche chi la rendeva profumata con rosa o iris, perché lo scopo di queste polveri talcate era anche quello di profumare”.
“Verso la fine dell’800 sorge una diatriba e, per porvi fine, nel 1897 viene stabilito che la vera polvere di riso doveva avere una formula ben precisa. Un chilo di prodotto doveva contenere 600 grammi di amido di riso, 200 grammi di amido di mais, 100 grammi di talco, 50 grammi di magnesio stearato e 50 grammi di ossido di zinco”, svela l’esperto. “Questa polvere doveva essere finemente frantumata e passare attraverso un setaccio di maglie strettissime: solo così si otteneva la poudre de riz. Ogni ingrediente aveva una funzione ben precisa. L’amido di mais aveva funzione seboregolatrice, il talco per far scivolare la composizione sulla pelle, l’ossido di zinco amplificava l’effetto sbiancante e il magnesio aveva funzione levigante”.
“La formula completamente naturale fu però anche la causa del suo declino, perché la stampa aveva iniziato a mettere in luce i diversi problemi di allergia che stavano sorgendo e la cosmetologia non era all’avanguardia come oggi, dove invece sarebbe possibile inserire un conservante naturale. Ciononostante, in seguito ci sono stati molti prodotti che, pur avendo cambiato la formula, hanno mantenuto il nome di polvere di riso, Sarah Bernhardt, attrice e icona di fine Ottocento, aveva una polvere di riso che si chiamava La Diaphane, di cui era testimonial”, spiega Ciaramella.
Chi usava la polvere di riso
“La polvere di riso si è evoluta in cipria, cambiando però totalmente la sua formula. Era utilizzata sia da nobiltà che borghesia, perché era un prodotto impercettibile, e veniva applicata con dei piumini molto grandi su viso, décolleté e braccia creando una pelle diafana. C’erano anche delle versioni liquide da applicare sul corpo per schiarire l’incarnato, ma la soluzione migliore per non macchiare era sempre la polvere e soprattutto non prendere il sole per mantenere una pelle immacolata”.