Trucco

Cinema e make-up: un rapporto d’elezione

In attesa degli Oscar facciamo un salto indietro nella storia e rivediamo i look iconici di attrici che hanno fatto la storia del cinema.

Il cinema è stato il primo mezzo di diffusione di immagini di massa. Nato alla fine del XIX secolo, ha da subito consacrato le attrici come delle icone, delle influencer ante litteram che con i loro look unici hanno plasmato le tendenze di ogni decennio.

In attesa degli Oscar, la notte più glamour di Hollywood, ripercorriamo i look più iconici delle dive, dagli inizi del ‘900 a oggi. Prima di iniziare è importante sapere una cosa, che oggi ci sembra incredibile, ma fino a un meno di un secolo fa era normale. “Le attrici venivano scelte ai casting per interpretare un ruolo che le avrebbe definite per tutta la carriera artistica”, dice Antonio Ciaramella, storico del make-up e autore di Make up. 100 anni allo specchio e Make up. Il codice teatrale.”Ma il loro ruolo non finiva quando si spegnevano i riflettori. Piuttosto diventavano la personificazione dei loro personaggi con un look che diventava il loro look di riconoscimento“. La versatilità di oggi non era contemplata e le attrici erano rinchiuse nella gabbia dorata dei personaggi che interpretavano. Per fare un esempio che possa essere facilmente riconosciuto basta pensare a Marilyn Monroe, scelta per il ruolo della bomba sexy, bionda e un po’ svampita, che ha interpretato tutta la vita dentro e fuori dal set.

Dagli anni ‘10 agli anni ‘50 del 1900

Theda Bara è stata una delle prime attrici di cinema, diventata famosa nel 1915, interpretando la parte di una vampira nel film omonimo. Il suo look è iconico, perché caratterizzato dallo smokey eye”, dice Ciaramella.

“Negli anni ‘20 è il momento di Clara Bow, con la bocca a cuore realizzata da Max Factor. L’ideale di bellezza era una bocca piccola, ma sempre turgida e voluminosa al centro e Max Factor crea questo look per lei, enfatizzando il suo arco di Cupido stampando il rossetto con il dito. La bocca a cuore è diventata un simbolo distintivo di quell’epoca ed è stata replicata dalle donne per tutti gli anni ‘20, non solo al cinema. Clara Bow rappresentava la maschietta, una donna tutto pepe, l’emblema della flapper, disinibita e al centro dell’attenzione”.

“Negli anni ‘30 c’è Jean Harlow, la nuova vamp, ma completamente diversa da Theda Bara, anche perché nel frattempo il cinema si è evoluto, anche nella narrazione. Donna algida e sexy, sfoggiava capelli bianchi, il nome della tinta infatti era blanche e lei è stata protagonista, nel 1931, del film Platinium Blonde di Frank Capra. Le donne dal parrucchiere iniziano a chiedere il biondo platino, che non è il nome della tinta, ma il titolo del film. Anche il suo look con le sopracciglia sottili ad arco è stato studiato da Max Factor, di cui diventa musa e testimonial. Gli anni ‘30 sono la golden age del cinema e nascono le dive, sono gli stessi anni di Greta Garbo e Marlene Dietrich. Le attrici appaiono sullo schermo come se fossero delle divinità, una bellezza inarrivabile che appare in aloni di luce impalpabile che rafforza questa immagine di dea. Sono gli anni in cui viene esaltata la perfezione. Max Factor inventa uno strumento che si chiama beauty calibrator che serve a bilanciare il volto secondo la sezione aurea”.

“Negli anni ‘40, una novità ce l’abbiamo con Veronica Lake. Per la prima volta dopo secoli troviamo una donna con capelli sciolti e lunghi. In tutti gli anni precedenti i capelli sono sempre stati acconciati e legati, perché il capello sciolto era sinonimo di donna di malaffare. Il suo look era iconico per la peekaboo bang, la frangia che copre metà occhio e che crea nuovi codici di comunicazione e una nuova gestualità da diva. Nello stesso periodo c’è anche Betty Grable, che è la pin-up per eccellenza: un distacco dalla figura algida degli anni ’30. Sono gli anni della guerra e la femminilità diventa più morbida, burrosa e sensuale. Queste sono le donne che hanno spianato la strada a Marilyn Monroe negli anni ‘50, che sarà la nuova Jean Harlow:entrambe bionde, super sexy e ammaliatrici”, racconta l’esperto.

“Se associamo Marilyn Monroe all’uso dell’eyeliner siamo fuori strada. “Si tratta di allungamento dell’occhio, perché eyeliner e mascara automatico nascono nel 1958. Se guardiamo nel dettaglio il trucco di Marilyn vediamo che la riga non ha spessore, bensì è una linea sottilissima enfatizzata dall’uso di ciglia finte e un occhio che lei definiva infinito, perché non chiudeva nell’angolo inferiore e la rima superiore andava verso l’alto. La stessa Sophia Loren, per aver quel tipo di sguardo, si strappava le ciglia in fondo all’occhio. Il make-up di Marilyn Monroe è stato fondamentale nel creare il suo personaggio e il suo look iconico, non solo per quanto riguarda gli occhi, ma anche per un segreto che riguarda la base. La parte centrale del volto era umida: non era come tutte le altre con la pelle di pesca degli anni ‘50. Lei era umettata grazie all’uso della vaselina. La cosa geniale è che questo look era un nuovo tipo di messaggio erotico che dava nell’interlocutore una sensazione di una donna affannata e accalorata”, svela Ciaramella.

“Dopo la guerra iniziano ad apparire anche icone di riferimento europee, bellezze più vere e reali, come Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Brigitte Bardot e Silvana Mangano, tanto che l’America viene scossa da questo nuovo tipo di bellezza. Le dive italiane sono molto più reali, un contrasto fortissimo con la bellezza perfetta a cui erano abituati oltreoceano”.

“Fino a prima degli anni ‘60 la funzione del make-up, cinema compreso, è stata quella di raccontare la bellezza di una donna. Ma nel 1962, con il film Che fine ha fatto Baby Jane, cambia la narrativa e Bette Davis non ha un trucco che deve esaltare la bellezza, ma che racconta il personaggio. In Europa c’è fermento e Londra, con la nascita delle subculture, è il fulcro del cambiamento. Cambiano le influenze, che non vengono più solo ed esclusivamente da Hollywood. Sono però iconici il look di Liz Taylor in Cleopatra e Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany”.

“Negli anni ‘70 abbiamo Mia Farrow, protagonista de Il Grande Gatsby e Liza Minnelli in Cabaret, con un rispolvero degli anni ‘20 e ‘30. Non al cinema, ma in televisione, le altre figure iconiche dei Seventies sono le Charlie’s Angels, in modo particolare Farrah Fawcett”.

Brooke Shields è una delle icone degli anni ‘80, con le sue sopracciglia folte e arruffate, Cher e Carol Alt”, dice Ciaramella. L’attrice è esplosa dopo Laguna Blu, ma altri look iconici nella cinematografia sono quello di Kim Basinger in 9 settimane e 1/2 e Michelle Pfeiffer in Scarface.

“Negli anni ‘90 da un lato c’è Julia Roberts in Pretty Woman e ai suoi antipodi Sharon Stone in Basic Instinct, entrambe con un look abbastanza nude” e Uma Thurman nei panni di Mia Wallace in Pulp Fiction. “Chiudiamo con gli anni 2000 e Angelina Jolie nel film Ragazze interrotte, che rimane anche oggi un’icona, perché ha riscritto i codici della bellezza, con i suoi zigomi pronunciati, bocca carnosa e occhio allungato”.

Come il cinema ha cambiato la bellezza e i cosmetici

“Con l’impiego del beauty calibrator cambia anche la forma delle labbra, che non sono più a cuore, ma si inizia ad uscire dai contorni per farle diventare più proporzionate e carnose, perché la proporzione aurea prevede che labbro superiore e inferiore abbiano la stessa altezza al centro. Negli anni ‘40 il cinema dice che per creare la bellezza perfetta bastano due ombretti, uno marrone per chi ha gli occhi scuri e uno grigio-azzurro per chi li ha chiari, mentre il commercio fa una scelta diametralmente opposta e inizia a creare palette cromatiche fatte per la donna bionda, rossa e castana. Questi anni fanno proprio da spartiacque, perché al cinema si usa un trucco tecnico, viene inventato il trucco correttivo. Facendo un piccolo salto indietro negli anni ‘30, al cinema vengono abbandonate la matita nera per occhi e sopracciglia. Non era una scelta estetica quando piuttosto una scelta dettata dall’esigenza di adattarsi all’uso di nuove pellicole sensibili per cui la matita nera risultava troppo pesante e quindi si era iniziato a preferire quella marrone. La tecnologia al cinema è stata fondamentale per scrivere i dettami del look: se nei primi 2000 non fosse arrivato l’HD non ci sarebbe stata nemmeno l’esigenza di avere prodotti siliconici, estremamente sottili e con una coprenza elevata”.

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